Breve storia in capitoli

CAPITOLO I – IL MOTIVO SCATENANTE

Un giorno d’autunno del 1985, mentre mi trovavo in ferie a Roma, di ritorno dalla Tunisia, andai a vedere un allenamento di mio figlio che, chissà perché, amava particolarmente il basket. Verso le sei di pomeriggio mi avvicinai al campo di gioco del “Teresianum”, che distava poche decine di metri dalla casa in cui abitavo. Non ero ancora arrivato sul terreno di gioco che già si sentivano in lontananza queste grida: ” PEPPE, TIRA BENE ! … PAOLO, PASSA BENE ! … FRANCO,PALLEGGIA BENE !” Appena vidi il gruppo di ragazzini, tutti di età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, capii che insegnare il Basket a dei ragazzi non era assolutamente facile. L’allenatore che strillava ogni volta che qualcuno faceva qualche cosa di sbagliato continuava poi a dire: “SANDRO, DIFENDI BENE!…LUCA, ENTRA BENE!…GIANNI, FAI BENE L’ARRESTO E TIRO !” Uno spettacolo che, paragonato con gli insegnamenti che avevo avuto dai miei maestri non mi piacque assolutamente. Tra una pausa e l’altra dell’allenamento mi avvicinai sempre di più al campo e così ebbi modo di farmi notare anche da mio figlio che mi aspettava con ansia. Quell’anno, infatti, non ero mai andato a vederlo giocare in quanto perennemente in trasferta all’estero per lavoro. Al termine dell’allenamento mi presentai all’allenatore Mario Cutonilli, che per altro non avevo mai conosciuto e con molto garbo gli dissi: “Buona sera, sono il padre di Paolo Degli Esposti, piacere di conoscerla, mi permette un’osservazione?” “Il piacere è tutto mio “, disse Mario” Finalmente ci conosciamo, dica pure!” . Ripresi: “Come mai che lei durante l’allenamento, continua sempre a ripetere: Tira bene, passa bene, difendi bene, ecc. ecc. e poi non fa mai una dimostrazione di che cosa intende per tirare bene, passare bene, sarebbe il caso che i Fondamentali di questo sport si insegnino ai ragazzi mostrando la giusta tecnica di esecuzione”, poi conclusi: “mi perdoni la franchezza, ma mi sembra che lei non abbia abbastanza pazienza.” “Vede,” replicò il Coach, “Lei è la prima volta che viene a vedere l’allenamento, ma si faccia dire da suo figlio, quante volte ho spiegato e fatto vedere di persona i fondamentali, forse non lo faccio abbastanza, ma vede sono solo e mi ci vorrebbe un aiuto per poter dividere la squadra in due parti e lavorare con meno ragazzi, forse il risultato sarebbe migliore; Lei, se la sentirebbe di aiutarmi per farli migliorare?” Ho spiegato al Coach quale fosse il mio tipo di lavoro, il perché non ero ancora venuto a veder giocare mio figlio fin dall’inizio della attività cestistica, che ero sempre in giro per il mondo ad installare e collaudare impianti petrolchimici per conto di una Società del Gruppo ENI e poi ho detto: “Sono molto contento che Lei mi voglia dare fiducia, e se volessi veramente collaborare, che cosa mi attenderebbe?” La risposta fu immediata: “Guardi, la settimana prossima, in Federazione, inizia un Corso Allenatori, qui c’è il Modulo per poter partecipare, lo compili e lo porti direttamente in Federazione al Comitato Zonale di Via del Tritone. Chieda del Responsabile C.A.F. (Comitato Allenatori Federali) del Lazio e chieda se è ancora in tempo per iscriversi.” La sera stessa andai immediatamente alla FIP di Zona ed entrai titubante, chiesi ad una segretaria che cosa dovessi fare per presentare la domanda per fare il corso allenatori e lei mi disse di bussare alla porta del Responsabile C.A.F. del Lazio. Diedi un colpetto alla porta e subito dall’interno si sentì una voce: ” Avanti!” Feci capolino e… riconobbi subito un vecchio compagno di squadra, appena il responsabile mi vide esclamò; “Ciao Biciclé (Bicicletta era il mio soprannome quando giocavo a Basket) sei ancora in Russia?” “No” replicai, “se rimasto un po’ indietro con i miei spostamenti, dopo due anni di Russia ho fatto due anni di Pakistan, sei mesi di Libia e due anni di Tunisia, ma ora penso che mi fermerò a Roma per un lungo periodo. E tu caro Fausto che ci fai seduto su quella sedia?” Fausto mi raccontò brevemente la sua storia, il responsabile della FIP laziale era Fausto Cipriani, un ragazzo di 4 anni più giovane di me che nel lontano ’66 giocava con me nel Play Ground dell’oratorio Orione Appio della Parrocchia di Ognissanti, per interi pomeriggi insieme a tanti altri amici. Fausto, dopo gli studi superiori, aveva scelto di fare l’ ISEF dedicando così tutta la vita ad insegnare questo sport con ottimi risultati. Mi ritirò personalmente il modulo, mi diede un conto corrente postale da pagare per l’iscrizione, e fu così che l’indomani iniziai il corso alla palestra di Testaccio . Lui stesso, in quell’occasione, faceva l’istruttore, rimasi colpito dalla sua competenza, tra l’altro, sapendo che avevo dei buoni fondamentali, mi chiamava sempre come dimostratore insieme ad altri ragazzi molto più giovani di me. Dalla settimana successiva all’inizio del corso andai subito ad aiutare l’allenatore di mio figlio, quello del ” tira bene…passa bene ecc. ecc.!!” Mi accordai per aiutarlo ad allenare i ragazzi ed a presenziare gli allenamenti della squadra di serie B femminile “Teresianum Martellini Roma”. Si videro subito dei buoni risultati sia nei ragazzi che nella squadra di Femminile e questo mi fece capire che avrei potuto fare molto per questo sport, anche la moglie di Mario, Caterina Martellini, e suo padre, presidente della società Teresianum, furono molto contenti di questa mia dedizione alla squadra. Prima di poter sostenere l’esame di Allievo Allenatore era obbligatorio arbitrare almeno 25 partite per prendere dimestichezza della difficoltà di arbitrare e promuovere un po’ di clemenza nei confronti degli arbitri che sbagliano qualche fischio. Fu così che mi allenai ad arbitrare parecchie partite amichevoli durante gli allenamenti ed arbitrai anche molte partite ufficiali di Prima divisione e Promozione. Dopo 8 mesi ho fatto l’esame da Allievo Allenatore con la commissione Federale composta da 3 allenatori, Fausto Cipriani, Claudio Massacesi e Roberto Baldolini che ho superato a pieni voti senza alcun aiuto da parte del Presidente mio vecchio amico. Ero contentissimo di aver fatto questo primo passo verso la via del Coach, sapevo che la strada sarebbe stata molto lunga ma non mi sono perso d’animo.

CAPITOLO II- LE ORIGINI …BOLOGNA

Vi chiederete come mai fossi così appassionato di basket e perché all’età di 39 anni desiderassi intraprendere la carriera di Allenatore, ebbene eccovi spiegati i motivi. Sono nato a Bologna il 21 agosto del 1946 ed iniziai a palleggiare nel lontano 1952 nel cortile della parrocchia di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni, con i primi palloni di cuoio numero 6 con cucitura, quando avevo appena 6 anni, uno dei miei amici parrocchiani più grandi di me era Nardi che in seguito giocò tanti anni in serie A. Mio cugino, Antonio Frangipani (per gli amici Tonino Frangipasta) a quel tempo allenatore della squadra di pallacanestro del Circolo Cattolico Leone XIII di Bologna, con la quale arrivò anche in finale per campionato regionale, mi iniziò a questo sport, infatti parecchie volte, mio padre mi lasciava ai bordi del campo per assistere ai loro allenamenti, la domenica mattina poi andavo a vedere le loro partite, sentivo già parlare di “passi, doppio, falli, minuti di sospensione, ecc. ecc.” fu così che mi innamorai di questo sport. In quegli anni Bologna era considerata la “culla del Basket”, aveva infatti già 3 squadre di pallacanestro in Prima serie (l’attuale A1 maschile): la VIRTUS MINGANTI, il GIRA PRETI e l’OARE. Negli anni ’50 Bologna non aveva ancora il Palasport e quindi le partite di Palla al Cesto, così si chiamava in dialetto questo sport, si disputavano nel cortile centrale della Sala Borsa Valori di Via Ugo Bassi e i primi appassionati di questo sport assistevano alle partite affacciati alle ringhiere dei piani superiori, lungo tutto il perimetro del campo di gioco. Da quando ho l’età della ragione dal 1951, quindi, non ero mai mancato ad una partita sia delle “V Nere” che delle casacche nero-arancione dei “Girini” per cui facevo il tifo. Durante l’estate del 1955, quando fui promosso dalla 3a alla 4a elementare mio padre mi regalò il primo pallone di cuoio N° 6 da Pallacanestro cheaveva una grossa cucitura per infilare la camera d’aria e giocai in parrocchia tutta l’estate insieme ai miei amici, ero già un cestista “in erba “, capii subito che per me era lo sport più appassionante che ci fosse, le sue caratteristiche principali erano l’agonismo, le regole ferree fatte rispettare da ottimi arbitri e l’incertezza del risultato fino all’ultimo secondo, era capace infatti di tenerti avvinghiato fino al suono della sirena di fine gara. Nel 1956 a Bologna presenziai con mio padre ed i suoi migliori amici, tra cui anche Dondi e Bertoncelli 2 ex campioni d’Italia della Virus degli anni d’oro, all’inaugurazione del Palazzo dello sport di Piazza Azzarita assistendo a tutte le partite del “Trofeo Mairano”. Dal 12 al 16 Settembre si incontrarono le nazionali di Italia, Polonia, Ungheria, URSS, Svezia e Cecoslovacchia. Il play maker dell’Italia era un certo Silvio Lucev, già playmaker del Gira, che era il mio idolo. In quella squadra militavano anche molti altri campioni tra cui Gianfranco Sardagna, Alessandro Gamba, Achille Canna, Antonio Calebotta, Germano Gambini, Mario Alesini, Alessandro Riminucci, Sergio Macoratti, Adelino Cappelletti, Gianfranco Pieri e Tonino Costanzo che in seguito conobbi personalmente in quanto allenatore storico della Stella Azzurra Roma. In quella occasione facemmo una buona figura, riuscimmo a vincere con la Polonia e con la Svezia, ma fummo battuti dalle altre tre squadre partecipanti con poco scarto. Mi ricordo però che vidi per una settimana ben 2 affascinanti partite al giorno e la passione per la palla a spicchi mi prese subito. Il torneo fu vinto dalla Russia che aveva tra le sue fila un gigante boscaiolo, un certo Kroumin che si piazzava sotto i tabelloni e metteva la palla dentro senza saltare. Di questo signore si diceva che fosse alto 2,14 m. al mattino e 2,12 m. alla sera. A dire il vero non era un grande atleta, era molto rozzo, un bestione a detta di Achille Canna, un bolognese della Virtus che faceva parte della nazionale, che gli batté contro qualche volta e lo trovò irremovibile. Krumin detto anche il gigante buono perché dopo il basket si diceva che scrivesse poesie, si piazzava sotto al canestro dell’avversario e riceveva un gran numero di palloni a partita rientrando a fatica in difesa, fu dopo quel torneo che la federazione instaurò la regola dei 3 secondi massimi di stazionamento all’interno dell’area pitturata sotto canestro. Poi ci furono altre regole nuove come quelle del possesso palla massimo di 30 secondi, perché c’erano delle squadre che dopo aver segnato facevano la classica “Melina” si passavano cioè la palla per dei quarti d’ora rendendo il gioco molto noioso. In seguito furono instaurate anche altre regole come quella di passare la metà campo entro 10 secondi e di non poter tornare più indietro nella propria metà campo dopo averla superata. La bellezza di questo sport è unica, perché è stato all’altezza di modificarsi nel tempo per aumentarne la spettacolarità. Bologna, a quei tempi, aveva una grande cultura cestistica avendo visto la propria squadra più blasonata delle “V” NERE vincere già 6 scudetti tricolori, 10 secondi posti e 3 terzi posti ed altre 4 squadre che si alternavano nella massima Serie.

CAPITOLO III- IL TRASFERIMENTO A ROMA

Nel 1957 mio padre, per motivi di lavoro, fu trasferito a Roma con tutta la famiglia ed anche nella capitale continuai a giocare, inizialmente giocavo tutti i pomeriggi nel cortile della Parrocchia di Ognissanti all’ Orione Appio, poi mio padre mi iscrisse alla Vis Nova, la squadra del Collegio S. Maria di Viale Manzoni, questa volta avevo la fortuna di militare in una squadra vera, con un allenatore vero: il pesarese Alfiero Antonini, già compagno di squadra di Alessandro Riminucci (l’angelo biondo nel Benelli Pesaro, l’attuale Scavolini PS). Mi appassionai così sempre di più a questo sport, ho giocato nel campionato Juniores nazionale FIP fino a 18 anni nella Vis Nova, il dirigente factotum della squadra Juniores era il prof. Trisoglio, ci accompagnava sempre alle partite con il pulmino del Collegio e coordinava i segnapunti e gli addetti agli arbitri. Ricordo ancora i nomi di alcuni miei compagni: Oliosi, Floridi, Ragnini, Lucarelli, Fanti, Tivoli, con i quali ho partecipato al campionato FIP-Juniores nazionali , disputando partite contro la Migas-Lazio, il Fiamma di Coach Gonzales, la Stella Azzurra di Coach Tonino Costanzo. A quei tempi giocavamo contro atleti del calibro di Ruggero Falcomer, Galliano, i gemelli Pupa, Stefano Albanese, personaggi che hanno poi fatto ottima figura anche in serie A trascinando migliaia di persone all’entusiasmo più sfrenato ma corretto, al Palazzetto dello sport di Viale Tiziano o al grande Pala-EUR. Nel frattempo, durante l’estate trascorrevo sempre un mese a Bologna dove continuavo a giocare nei caldi pomeriggi estivi con il Leone XIII in cui militavano tra gli altri Gianpaolo Orlandi ( detto Picchio) e Paganini che entrarono poi a far parte della Fortitudo Bologna. A Roma, in quel periodo la Vis Nova in serie A giocava nel cortile del collegio Santa Maria di Viale Manzoni, ma gli allenamenti si facevano nella palestra del San Gabriele di Piazza Ungheria, a tali allenamenti partecipavano atleti del calibro di Ottorino Flaborea, pivot dell’Ignis Varese che era a Roma a fare il servizio militare, Gatti campione italiano di salto triplo (16,16 m.) che si dilettava a fare il terzo tempo partendo dal cerchio di centrocampo, Spinucci, primo al campionato laziale di salto in alto(1,92 m), Ubaldo Guarneri, questi ultimi militanti nella Vis Nova di serie A. Nel campionato 1964-65 Ho giocato poi sempre nella Vis Nova nel campionato Juniores del CSI, guidato dal prof. Sante Santi un allenatore molto bravo e paziente nell’insegnare i fondamentali che ci portò fino alla finale regionale che perdemmo al campo del S.Saba contro i miei amici dell’Orione Appio. Fu in quell’occasione che tutti i ragazzi con i quali passavo intere giornate a giocare sul campo della Parrocchia, mi spronarono a trasferirmi da loro dove avrei avuto più spazio; il promotore di questo spostamento fu Raffaele Verdacchi che era un mio capo degli Scout nel Reparto Roma 51 e che giocava anch’egli in quella squadra. Nel 1964 approdai dunque all’Orione Appio, giocai 2 anni in promozione FIP allenato dal prof. Mario Barilari dove ho incontrato tutti i miei compagni di oratorio e dove mi sono conquistato il posto in squadra facendo molta panchina. Nei giorni di riposo, quando cioè la sera non avevo allenamento andavo a vedere gli allenamenti di un mio carissimo amico che giocava all’Aventino alla parrocchia di S. Saba dove allenava il prof. Ferrero. Qualche volta andavo a vedere gli allenamenti della GBC-Lazio dove giocava il mio compagno di scuola Giovanni Vento insieme a Mauro Casadio, insomma peregrinavo continuamente tra un campo e l’altro per carpire sempre più nozioni di questo sport e migliorarmi come giocatore. Nel 1966-67 ho fatto un campionato di serie “D” con l’ USSA Olimpia allenato dal prof. Guglielmo Pinto detto “Barbetta” dove ho giocato con Pietro Moruzzi, amico d’infanzia, Pigi, Carlo Caprari e tanti altri di cui non ricordo il nome, poi, dopo esser retrocesso in Promozione sono tornato a giocare per un paio d’anni all’Orione Appio sotto la guida di Giampaolo Uricchio(detto “dumbo” l’elefante buono), un vero amico, oltre che un ottimo ragazzo di sani principi.

CAPITOLO IV- IL MIO PEREGRINARE
Dopo il diploma di Perito Industriale conseguito all’Ist. Tecn. Galileo Galiei di Roma, il lavoro mi portò a Firenze ed in questa città mi allenavo con una squadra di serie C, il Ponte Rosso dove una sera, durante un allenamento presi un’unghiata all’occhio destro con conseguenze disastrose. Dopo due operazioni ed aver praticamente perso l’occhio, sono poi rientrato nei ranghi del campionato di prima divisione e di promozione nella squadra dell’ Orione Appio guidato da Domenico Antonio Padula, (detto”Mimmo”) e da Flavio Quarta, giocando sempre con degli occhiali protettivi fino al 1976, anno in cui ho appeso le scarpette al classico chiodo per motivi di lavoro. Da quel gruppo fondato da Alfredo Zagarola con le famose “Aquile DUCO” e forgiato dal prof. Mario Barilari con tanta pazienza e senza mai aver “tirato su” il becco di un quattrino, sono usciti anche dei bravissimi giocatori a livello nazionale tra cui, primo fra tutti Giuliano Tirabosco che con l’ ORANSODA Cantù vinse uno scudetto nel 1967-68, ricordo con grande piacere il mio grande amico, nonché mio medico personale per oltre 20 anni Giuseppe Berrè (detto “bruscolino”) che era stato poi ceduto per 2 palloni e una muta di maglie alla Stella Azzurra di Fratel Mario e Tonino Costanzo. Con i Nero-stellati si mise in evidenza in un campionato Juniores nazionali e si meritò la convocazione di Giancarlo Primo nella nazionale Juniores insieme a Kunderfranco per gli europei di Monaco, ha poi militato per 6 anni nel Sebastiani Rieti in serie A facendo sempre la sua ottima figura. Gianpaolo Uricchio, purtroppo prematuramente scomparso in un incidente d’auto di ritorno da Rieti dove allenava la squadra di A2 Femminile. Non posso dimenticarmi poi di Beniamino Scarinci che andò anch’egli a militare nella Stella Azzurra ma un anno più tardi perché l’allora Presidente dell’Orione Appio, un certo Maggi, non gli diede il Nulla-osta. Questo gli costò di stare un anno fermo per poter svincolare il cartellino ed essere libero. Beniamino, divenuto in seguito allenatore nazionale di ottimo livello, già allenatore di Palestrina e del Dopolavoro Ferroviario (DLF), ci ha purtroppo lasciati stroncato nel pieno della sua vita da un male incurabile ed ha lasciato in noi un grande vuoto. Altri componenti di quel gruppo erano: Paolo Di Fonzo, per gli amici del S.Leone Magno “palletta”, divenuto in seguito un allenatore famoso in campo nazionale ed internazionale per esser stato vice di Valerio Bianchini (“il Vate”) al Banco Roma vincitore di un campionato nel 1982-83 e della Coppa dei Campioni a Ginevra nel 1983 ed al Messaggero in occasione dello scudetto vinto a Roma e per aver vinto una Coppa Korac come primo allenatore. Salvatore Luchetta (meglio conosciuto come “Marcello”) divenuto allenatore nazionale ed attualmente direttore sportivo della Vis Nova, Fausto Cipriani, allenatore nazionale Responsabile degli allenatori del Viterbo Basket e responsabile dei corsi di preparazione per prendere il patentino di Allenatore Nazionale, Ernesto Michieli detto “Zingaro”, che ha allenato per 20 anni i ragazzi della settore giovanile della Stella Azzurra dove ha allenato per tre anni anche mio figlio Paolo, Riccardo e Piero La Ragione “i gemelli” già militanti nella Stella Azzurra e fondatori dello Snoopy, Gianni Roberto che ha allenato da una vita i ragazzi della Tiber, un’altra squadra presieduta da Massimo Cilli già parte della squadra campione d’Italia e d’Europa del Banco Roma, che si è sempre contrapposta alla Virtus Roma ed alla Stella Azzurra nella Capitale, Aldo Di Trolio, Benedetto Conigliaro che per tanti anni ha continuato ad allenare l’Orione Appio, Luciano Pepe che dopo aver allenato anch’egli l’Orione passò al S. Venanzio, Flavio Quarta, Massimo Pronti detto “Spada” per la sua forte velocità in contropiede, Gerlando Ingrao meglio noto come “Duccio”, Roberto Maggi, Domenico Padula (Mimmo), tutti ragazzi che come allenatori si sono impegnati tanto ed hanno fatto molto parlare di se. Non posso inoltre dimenticare anche chi ha solo militato come giocatore nel Gruppo Sportivo Orione Appio e che si è sempre distinto nella vita seguendo sani principi inculcati da Don Domenico Gallizzi divenuto poi famoso a Palermo come “il Prete dello ZEN ” : Succi Massimo e Alberto col figlio Stefano, D’Ottavi Roberto detto “Tricheco” o “Tricchio”, Raffaele Verdacchi, Massimo Cilli, Edo Uicic, Gianfranco Adovasio, Lanfranco Quarta, anch’egli prematuramente scomparso, Osvaldo Sensi, Piero Prizzon, Aldo Musso, Alfredo Di Francesco, Adelmo Di Gianmarino, Luigi Moroni, Carlo Caprari, Guido Camarda, Roberto Piersanti, Salvatore Pala, i tre fratelli Marco, Umberto e Venanzio Gianloreti, Michele Pacinico, Francesco Di Bucchianico, Roberto Angeletti e Cesare Viani attuale presidente dello Snoopy, e gli aficionados sostenitori di cento battaglie: Umberto Rossi, detto “Flash” Gianfranco De Angelis, detto “il Sommo”, Edgardo Renzetti del gruppo del calcio e suo fratello soprannominato il “Ciclopino” per le sue dimensioni, Maurizio Pennella e Pino Pagella già presidente del Gruppo Sportivo Orione Appio nonché responsabile Nazionale del settore arbitrale del C.S.I. per il Calcio. Purtroppo questo sport non è andato molto d’accordo col mio lavoro di specialista di macchine rotanti che mi ha portato sempre in trasferta in Italia ed all’estero per lunghi periodi e quindi ho potuto praticarlo ed insegnarlo soltanto saltuariamente. Mio figlio Paolo però, nonostante fossi sempre lontano si è anch’egli “ammalato” di basket-mania ed ha giocato in per parecchi anni iniziando nella Vis Nova con il Prof. Ubaldo Guarneri e Marcello Luchetta ed il Prof Sante Santi, già mio allenatore, nel Teresianum con Mario Cutonilli già menzionato nella prima parte del racconto e poi nella Stella Azzurra di Via San Sebastianello allenato prima da Ernesto Michieli poi da Marco Leoni e da Germano D’Arcangeli. Nella società Nero-stellata ha anche fatto parte della reazione del Giornalino interno di cui curava gli articoli e l’impaginazione. Poi su suggerimento di alcuni dirigenti lo spronarono ad intraprendere la carriera arbitrale dove si è messo in ottima luce, fino a quando decise di darsi all’arbitraggio arbitrando per 3 anni in C1 e raggiungendo quasi il traguardo della serie “B”. Mio figlio Paolo Degli Esposti, durante l’estate ha anche partecipato ai Camp organizzati dal mio Maestro il Prof. Mario Barilari agli Altipiani di Arcinazzo ospite dell’albergo Cristallo immerso negli abeti della cittadina laziale e sotto la guida di Lino Mevi, un altro grande maestro di questo sport e di Gianluca Barilari, figlio d’arte e che in seguito ha dimostrato le sue doti in parecchi paesi stranieri oltre che in Patria. Poi per motivi di lavoro ha dovuto interrompere bruscamente l’attività sportiva nel 2000, all’età di 27 anni.

CAPITOLO V – LA SICILIA
Fino a Giugno 1986 ho anche aiutato Benedetto Conigliaro ad allenare la squadra Juniores Maschile FIP dell’Orione Appio di Roma, in cui militavano dei bravissimi ragazzi che fin dalle prime sedute di allenamento mi rispettavano e cercavano di migliorare. Sto parlando di ragazzi che erano nati intorno al 1964-1970 con dei buoni fondamentali insegnati da chi mi aveva preceduto e cioè Cesare Viani, Massimo Succi, Angeletti, Fausto Cipriani, Roberto D’Ottavi, Benedetto Conigliaro ed altri ragazzi di buona volontà che per un “pugno di dollari” anzi di spiccioli stavano tutti i pomeriggi e le sere piovose a dare disposizioni in mezzo al campo con grande preoccupazione dei genitori dei ragazzi che prendevano poi del gran freddo. Luigi Paolucci era il capitano della squadra, seguito poi da Paolo Pambianco, da Fabio Cappucci, da Paolo Santangeli, Andrea Salini, Giancarlo Giuliani, Massimo Maccari, Renato Romiti, Andrea Sasso, Stefano Succi, figlio di Alberto Succi nostro ex compagno di squadra, Claudio Linari, Alessandro Reali che veniva saltuariamente e Lucio Publio Valerio. Una bella squadra che mi ha dato le prime soddisfazioni di qualche vittoria e mi ha fatto capire che portare avanti un gruppo non era assolutamente facile, bisognava avere delle doti di leader ed inventarsi sempre qualcosa per essere ascoltati. Poi l’anno successivo andai a fare l’aiuto allenatore di Mario Cutonilli in serie B femminile con il Martellini “Teresianum” di cui ho parlato in altra parte del racconto, poi il mio capoufficio della Snamprogetti, credendo di farmi un dispetto, mi spedì in Sicilia, per la precisione a Priolo a montare un impianto di Polietilene Lineare di cui avevo seguito la progettazione a Roma. Il caso volle che, proprio in quell’anno, la “Trogylos Polenghi Priolo” squadra femminile militante nel campionato di A2 fosse stata promossa dalla serie A2 alla A1 del campionato Femminile di Basket. Non ho perso tempo e, non appena giunto a Priolo andai al pallone geodetico per assistere ad un torneo a cui partecipava anche la squadra del Primigi Vicenza, laureatasi Campione d’Italia poche settimane prima e con mio grande stupore constatai che la squadra messa in piedi da Santino Coppa e Carlo Lungaro (Presidente) era davvero competitiva, mi presentai all’allenatore dopo che il mio grande amico Giampaolo Uricchio, in quel periodo allenatore delle Stelle Marine di Ostia in serie A2, telefonò a Santino, indicandomi come persona di massima fiducia, poi il resto lo fece Michele Limeri, responsabile dell’impresa che eseguiva i lavori all’Enichem e fratello di Salvatore, Vicepresidente del Priolo Basket, il quale mi presentò al Presidente Carlo Lungaro. “Hai voglia di lavorare?” disse subito il Presidente; risposi che la voglia non mi mancava, che ero un neo allievo allenatore voglioso d’imparare ma anche di mettere a disposizione tutto il mio bagaglio tecnico ed umano, che avrebbero potuto utilizzarmi sia nel settore giovanile che nella prima squadra. La prima persona con cui ebbi da ridire fu il guardiano della palestra un certo Pippo Arena, il primo tifoso della squadra, che non mi voleva far entrare in palestra durante un allenamento. Le cose andarono pressappoco così: “Dica?…Scusi…Dove crede di andare?” Furono le prime parole che il mitico Pippo Arena mi rivolse mentre io mi apprestavo ad entrare in palestra durante il primo allenamento a cui avrei voluto assistere. Risposi subito:”Che ce l’ha con me? Guardi che io ho assistito a decine di allenamenti di Valerio Bianchini al Banco di Roma la squadra della Capitale, ” Replicai ” nessuno mi ha mai cacciato via da una palestra, non sono mica una spia mandata dagli avversari??” “Zio Pippo”, così veniva chiamato il manutentore del campo aggiunse: “Si assettasse e si fumasse una sigaretta, quando sarà finito l’allenamento potrà entrare.” Mentre aspettavo osservavo altre persone dello staff entrare ed uscire in continuazione dal campo di gioco, e sinceramente mi spazientii non poco. La sigaretta era già terminata da parecchio e non vedevo l’ora di entrare. Dopo qualche minuto uscì dal palestra un signore in calzoncini, era il vice allenatore e preparatore atletico Corrado Falco, di Rosolini, che mi autorizzò ad entrare, la cosa si risolse con una risata ed ancora oggi si racconta quell’episodio insieme ad altri aneddoti rimasti famosi durante il mio periodo di permanenza in terra siciliana, per risollevare gli animi delle giocatrici nei momenti di depressione. Santino Coppa, dopo quella sera, per dimostrarmi la sua completa estraneità all’azione svolta dal guardiano del campo, mi invitò a cena al suo ristorante “La Bussola”, mi presentò la sua famiglia e feci subito amicizia con la signora Carmela sua moglie, con suo figlio Salvo, con i genitori di Santino e la mamma di Carmela. Cenammo insieme, al tavolo riservato agli amici del Basket gli raccontai brevemente la mia storia mentre pranzavamo con le due americane del team, Regina Street di Menphis e Sandra Murray, già giocatrice della nazionale militare dei Marines di stanza in Sicilia. Santino mi disse che era contento che fossi andato a collaborare con lui perché ero una persona, oltre che disponibile, modesta e anche capace di ridere di se stesso e quindi secondo il suo modo di vedere molto positiva, questo mi fece molto piacere e continuai nella mia attività. Mi impegnai come vice allenatore di Giacomo Incarbona responsabile della squadra Juniores, fui anche tesserato per la società avendo così la possibilità di andare in panchina durante le partite. Nel contempo assistevo anche a tutti gli allenamenti della prima squadra di cui non perdevo mai un incontro. Praticamente a Luglio ‘86 è iniziato il mio periodo full immersion nel Basket Priolese. Dopo il lavoro al Polietilene con la Snamprogetti, alle 18,00 ero già in palestra, quasi tutte le sere rientravo a casa anche dopo la mezzanotte, ma ero immensamente contento di essere entrato a far parte di un team così importante. Dopo la promozione in serie A1, sia Santino Coppa, allenatore-fondatore della squadra che il presidente Lungaro si stavano adoperando per dare un volto più professionale al team, vista la mia piena disponibilità e capacità di adattamento fui invitato a partecipare a tutte le riunioni dello staff tecnico e dirigenziale che si tenevano nella segreteria della squadra due giorni prima di ogni incontro casalingo. Durante queste riunioni il Presidente Carlo Lungaro e Santino Coppa davano disposizioni a tutti “gli addetti ai lavori” sul ruolo da ricoprire il giorno dell’incontro; in quelle occasioni ho conosciuto tutto il gruppo ed i più assidui collaboratori del Presidente Lungaro tra cui Salvatore Limeri, Vicepresidente, Vittorio Guarnotta, Aldo La Rosa, l’avvocato Catanzaro, Gianni Attard, Sebastiano Vinci, Maurizio Vincenzi, Anna Rivolti, il sig. Greppi, Gaetano Tuminelli, e tanti altri di cui ricordo solo la loro grande volontà di migliorarsi per stare al passo con la nuova dimensione del Gruppo Sportivo Trogylos. Ognuno di noi aveva un incarico ben preciso di cui rispondeva al Presidente ed agli altri componenti del Gruppo, chi seguiva il Bilancio Amministrativo, chi era incaricato di controllare gli ingressi e strappare i biglietti, chi si stava interessando per organizzare gli abbonamenti, chi era addetto alla squadra Ospite per non far mancare nulla allo staff avversario, chi era addetto agli arbitri, chi al trasporto delle varie giocatrici, chi si incaricava di programmare le trasferte della squadra, chi si preoccupava di organizzare le interviste con la stampa, insomma ognuno aveva uno o più compiti affinché tutta la giornata della Partita si chiudesse senza intoppi e dimostrando l’alto livello professionale dei dirigenti. Iniziai con l’andare a prendere il ghiaccio al ristorante per eventuali colpi subiti dalle atlete, una volta arrivato alla Palestra mi mettevo a disposizione per altri incarichi, come per esempio scrivere l’elenco delle giocatrici da consegnare agli Ufficiali di campo, oppure aiutavo il personale addetto al controllo biglietti per l’ingresso al campo. Carlo Lungaro, il Presidente, incuteva molta soggezione perché sapeva come parlare alla gente, aveva le idee molto chiare sui risultati da ottenere, un vero Manager, nel ’86 infatti, si parlava già di Scudetto, che per una neo promossa mi sembrava quasi un’utopia. All’inizio pensavo che forse queste persone fossero un po’ esaltate, ma dopo qualche mese, che la squadra inanellò parecchi risultati positivi ed era già terza in classifica, capii che se tutti avessimo continuato ad impegnarci così, avremmo sicuramente raggiunto traguardi molto più alti. Santino Coppa era in completa sintonia con il volere del Presidente Lungaro, tra loro c’era un’intesa quasi perfetta, ho avuto la fortuna di pranzare svariate volte con loro e di ascoltare sempre i loro discorsi, entrambi mi ritenevano infatti una persona di fiducia, a volte durante le riunioni mi sono anche permesso di dare qualche consiglio che veniva apprezzato dai presenti. Dalla terza giornata di campionato in poi, per vincere una scommessa con Santino Coppa ho cominciato a fare il radiocronista delle gare casalinghe della prima squadra insieme a Franco Bontempo, a dir il vero con scarsi risultati iniziali, ma poi, a detta di tutti i tifosi, siamo migliorati entrambi. Il mio più assiduo sostenitore, anche se molto critico nei miei confronti, era il padre di Santino Coppa, il maresciallo dei Carabinieri Salvo Coppa, che mi ha sempre spronato a migliorare. Avevo quindi raggiunto una buona notorietà in paese, tutti, man mano che la squadra avanzava con le vittorie in seria A1, seguivano le radiocronache, in particolar modo i turnisti dell’Enichem, i guardiani delle portinerie dove ero conosciuto per il mio lavoro di tecnico. In alcune occasioni ho trovato anche qualche sponsor che mi pagava il viaggio per seguire la squadra in trasferta come a Viterbo, a Bari e Gragnano da dove trasmettevo la radiocronaca attraverso il telefono tramite una radio locale priolese. Roberta Gitani, Annarita Anellino, Floriana Garruccio, Eleonora Palmas, Stefania Stanzani, Pina Tufano, Paola Dal Corso, Daniela Altamore, Susanna Padovani, Sofia Vinci, Debora Carta, poi Betty Pasini Cristina Rivelini e tante altre giocatrici hanno diviso con me gioie e dolori di quegli anni meravigliosi. Tutti i tifosi mi erano molto riconoscenti ed ogni lunedì trovavo la colazione pagata in qualche bar, questo per me era motivo di grande soddisfazione. Poi, come se non bastasse, tanto per stare sempre attivo, Sebastiano Vinci, fratello di Sofia, capitana della squadra, mi propose di fondare con lui una squadra maschile, il Club Basket Priolo per tenere impegnati un gruppo di 10 ragazzi della cittadina siciliana difendendoli dalle cattive compagnie. Tale squadra era patrocinata anche da Santino Coppa che ci metteva a disposizione il geodetico per gli allenamenti con il parquet nuovo di zecca. Sebastiano sarebbe stato il presidente ed io l’allenatore, fu così che iniziai ad allenare una squadra tutta mia, durante gli allenamenti, tre volte a settimana, giocavo insieme ai ragazzi ed insegnavo loro quello che sapevo. La squadra doveva solo servire da svago dopo il lavoro per il primo anno, senza l’impegno di alcun campionato e facemmo solo tanti allenamenti e qualche torneo amichevole con l’intento di divertirsi ed allontanare lo spettro della droga che in quegli anni imperversava ovunque; il motto della Trogylos Priolo infatti è “Di droga si muore! … Lo sport è vita !”. Con l’aiuto del Presidente Vinci e di altri sostenitori della squadra femminile abbiamo creato un bellissimo ambiente. Gli stessi ragazzi che giocavano con me, poi venivano impegnati durante le partite della squadra femminile come personale di servizio alle entrate della palestra del Centro Polivalente dove si svolgevano le partite. Alcuni facevano anche parte degli Ultrà e per questo li ho anche istruiti a dovere alimentando la loro sana passione cestistica spronandoli a fare un tifo educato per poter dare sempre il buon esempio sia in casa che in trasferta. Ho dato loro spunto per nuovi cori d’incitamento da intonare durante le partite, il pubblico Priolese poi, guidato dagli Ultrà si è sempre distinto per la grande sportività e competenza tecnica sia in casa che in tutti i Palazzi dello Sport d’Europa. Ho sempre predicato questo motto:

“RISPETTA SEMPRE IL TUO AVVERSARIO…,
…SENZA DI LUI NON CI POTREBBE ESSERE L’ INCONTRO!”

Tra un incarico e l’altro ho anche arbitrato ben 46 partite ufficiali tra promozione, Juniores, Cadetti e decine di partite amichevoli ed allenamenti della serie A femminile insieme al responsabile arbitri della Sicilia Orientale e Gianni Attard e Walter Greppi che tanto mi hanno aiutato a migliorare anche nell’arte di fischiare.

CAPITOLO VI- L’ INDIA ED IL RITORNO TRIONFALE A PRIOLO GARGALLO
Nell’Ottobre del ’87 però il lavoro a Priolo finì e con esso finì anche il ” mio sogno di Pulcinella”, con mio grande rammarico la Snamprogetti mi spedì in India e per la precisione a Vijaipur in provincia di Guna nello stato del Mathia Pradesh, per seguire da vicino l’avviamento di due impianti di fertilizzanti progettati dalla nostra società. In terra Indiana sono rimasto fino a Marzo 89, anche lì non ho perso tempo, durante la mia permanenza ho allenato una squadretta di ragazzi indiani, tutti intorno ai 20 anni per qualche mese ma giocavamo solo tra noi, il livello non era molto alto, ma ascoltavano i miei consigli e questo mi gratificava. Appena rientrato in Italia, durante il periodo di ferie arrivai giusto in tempo per assistere ai Play Off della squadra che vinse nei quarti contro la Perugini-Viterbo, in semifinale contro la Primizie-Parma ed alle 4 finali scudetto contro il Gemeaz-Milano che mi hanno visto protagonista in ritiro con la squadra al MotelAgip di S. Donato Milanese. In quell’occasione ho mantenuto alto il morale delle giocatrici, ho sempre presenziato a tutte le riunioni tecniche per la preparazione delle partite, ed ho assistito a tutti gli allenamenti dando anche qualche piccolo consiglio, ho poi effettuato tutte le radiocronache delle partite per i tifosi priolesi che non erano potuti venire a Milano. La Trogylos vinse la terza partita portandosi sul punteggio di 2-1 sul Gemeaz-Milano e moltissimi tifosi siciliani nel dopopartita telefonarono al presidente Lungaro ed a Santino Coppa complimentandosi con loro per aver deciso di affidarmi i microfoni per la radiocronaca che hanno seguito assiduamente, fu un trionfo; alcuni giorni più tardi la Trogylos Priolo vinse lo scudetto nella finalissima giocata a Ragusa in quanto Priolo non aveva ancora un palasport idoneo alla ricezione di tanto pubblico. Qualche mese dopo, venni richiesto dalla direzione generale dell’Enichem per essere mandato in prestito presso lo Stabilimento di Priolo per assistere il responsabile di manutenzione dell’impianto di cui avevo seguito il montaggio, così avrei potuto essere vicino alla squadra ricoprendo la posizione di addetto stampa e pubbliche relazioni. Avrei dovuto sostituire il dott. Francesco Venza, per gli amici “Ciccio”, che avrebbe fatto ritorno a Trapani, sua città natale per intraprendere la carriera di General Manager nella Pallacanestro maschile. Questa scelta era dovuta al fatto che, oltre ad essere un grande appassionato di basket, ero in grado di parlare bene ben 4 lingue straniere tra cui il Russo. Questo mi è servito per aiutare i miei colleghi Aldo La Rosa e Vittorio Guarnotta nell’organizzazione dei tornei internazionali con la FIBA, ed in occasione delle trasferte estere, inoltre mi è servito molto per tenere i rapporti con tutte le Radiotelevisioni d’Europa. Ho accettato questo incarico e dai primi di Agosto ’89 sono stato inviato in trasferta a Priolo con grande dispiacere del mio capoufficio che mi avrebbe voluto mandare altrove; contentissimo in cuor mio, feci le valige per la Sicilia sapendo di trovare un clima meraviglioso. Anna Li Volti, la segretaria factotum della Trogylos, una gran brava ragazza, mi accolse in Sede e capii che ci sarebbe stato molto da lavorare per portare la segreteria ed il gruppo sportivo ai livelli internazionali a cui ero stato abituato con l’ENI. Devo essere sincero, il grande Francesco Venza, per gli amici “Ciccio”, mi ha fatto un passaggio consegne da manuale e mi ha messo in condizioni di iniziare il lavoro con grande autonomia, è stato tanto prodigo di consigli, soprattutto nel come trattare i giornalisti, egli infatti mi lasciava una squadra campione d’Italia e non era poco, ereditavo la direzione del giornalino quindicinale della Trogylos “il Pianeta” che usciva sempre prima di ogni partita casalinga che includeva i commenti della settimana e le formazioni delle squadre in campo per il match; si sarebbe dovuto subito preparare la brochure della presentazione della squadra alla stampa con storia della società, e delle varie giocatrici corredata di fotografie. Ricordo come se fosse ora che il 18 agosto del 1989 fui catechizzato dall’amico “Ciccio” che si fece in quattro per riordinare tutti i documenti e le cassette delle squadre da archiviare. La sede societaria era ancora presso il Centro sportivo Polivalente di Priolo in quanto il Palasport era in fase avanzata di costruzione. Il Presidente Lungaro poi mi assegnò un compito assai importante in accordo alle mie capacità tecniche, la Direzione Lavori del Palazzetto dello Sport di Priolo della capienza di 5.000 posti, la cui costruzione era iniziata i primi di Aprile, quando cioè la squadra si stava apprestando a vincere lo Scudetto, ma un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. Ebbi quindi il compito di coordinare i lavori nella fase finale, vedere quali fossero i maggiori ostacoli per non ritardare l’inaugurazione prevista per il 15 di ottobre dello stesso anno. Organizzai col grande aiuto del Presidente Carlo Lungaro, di Vittorio Guarnotta, di Aldo La Rosa con tutte le imprese costruttrici del PALAINDUSTRIA il programma lavori e riuscimmo a terminare i lavori quasi in tempo, l’inaugurazione del meraviglioso complesso Priolese ritardò di una sola settimana. Ho poi saputo che avrei dovuto adempiere anche un altro compito importante, fare il traduttore della prima giocatrice Russa che veniva a giocare in Italia, Svetlana Kousnietzova, proveniente dal “CSKA” di Mosca ben più nota come L’armata Rossa. La ragazza apprese la nostra lingua in un batter d’occhio e per fortuna non ci fu molto bisogno di me in quel campo. La prima squadra, quell’anno, iniziò il campionato con un periodo catastrofico funestato da 5 sconfitte consecutive, ma superato quel momento, ho avuto tante soddisfazioni, arrivammo terzi in campionato, ma soprattutto vincemmo la Coppa dei Campioni in un’indimenticabile serata a Cesena dove, con l’aiuto di tutto lo staff dirigenziale, avevamo portato ben 2.200 persone dalla Sicilia, 50 pullman organizzati, oltre 50 macchine piene di persone che vollero raggiungere Cesena con i propri mezzi. Abbiamo organizzato il viaggio ed i pernottamenti in tutti gli alberghi della riviera romagnola aperti per l’occasione solo per noi con servizio di pensione completa. Sì ho fatto parte integrante della squadra Priolese che è stata campione d’Europa nel 1990. In quell’anno ho anche effettuato tutte le radiocronache delle partite casalinghe di campionato e di quelle di Coppa Campioni. Ho seguito la squadra a Mirande in Francia, a Belgrado in Jugoslavia, a Mosca in Russia, ed in tante altre città italiane. Ho appreso molti segreti del Basket giocato da Santino Coppa e da Marco Baghero, suo indimenticabile Vice, durante le numerose partite a cui ho assistito, gli allenamenti ma soprattutto durante le sedute al videotape per dare suggerimenti sul tipo di difesa da effettuare sulle singole giocatrici delle squadre avversarie studiandone tutti i particolari. In quell’anno ho poi dedicato parte del mio tempo anche alla squadra maschile del Club Basket Priolo che avevo fondato nel ’86 con il Presidente Sebastiano Vinci e dall’ottobre ‘89 abbiamo partecipato al campionato di Promozione nel girone della Sicilia Orientale vincendolo imbattuti e siamo stati promossi in serie “D” vincendo il campionato con ben 25 vittorie consecutive. Un vero record da Guinness dei primati, in quell’occasione i Media hanno parlato molto di noi e del nostro team, sono stato chiamato anche parecchie volte col Presidente Vinci con Santino e Gino Coppa promosso in serie “C” con la Virtus, in televisione sulle reti locali siciliane ed ho avuto tanta notorietà. Priolo era considerata da tutti l’isola felice del Basket ed io ero estremamente felice di vivere in “quest’isola”. .

CAPITOLO VII- CINA, INDIA, RUSSIA, UKRAINA, PAKISTAN, TUNISIA E SVIZZERA
Oltre che in Italia, durante le trasferte successive con la Snamprogetti e con l’Ammonia Casale, ho allenato in tutti i paesi del mondo che mi hanno ospitato: Svizzera, (aiuto allenatore di Patrick Manzan nella squadra Allievi della SAM Massagno (cittadina vicino a Lugano, nel Canton Ticino). In Russia a Togliatti, in India a Lacknow ed a Nangal -Punjab, a Mirpur Mathelo e Rahimiarkan in Pakistan, in Ucraina a Gorlovka ed a Jendoubba in Tunisia ed in Kazakhstan dove ho allenato una squadra mista di trasfertisti per lo più Fiolippini. In Cina ho poi ho allenato addirittura 2 squadre, la prima maschile in un torneo interno organizzato dal dopolavoro dell’impianto di Fertilizzanti dove lavoravo. La seconda una squadra femminile del dopolavoro degli uffici del “Catasto” con la quale ho vinto il torneo della città di Puyang (Henan Province). Su questo torneo c’è stato un ottimo articolo sul settimanale specializzato: Giganti del Basket del 4 novembre 1991, dove Pietro Colnago ha speso delle bellissime parole nei miei confronti. Sono sempre rimasto modesto e non mi sono mai montato la testa, il mio sogno nel cassetto?…Quando sarò un “dipendente” INPS spero di dedicarmi interamente al basket giocato, organizzando una squadra che possa risultare vincente. Non sarà facile, ma ho superato tante difficoltà nella vita che non mi spaventa più nulla. In questi 55 anni ho visto ho visto migliaia di partite ed altrettante le ho giocate, ma ogni volta che mi siedo in panchina come Coach, o assisto semplicemente ad un incontro qualsiasi riesco ad immedesimarmi a tal punto nel gioco che sono felice di aver scelto di approfondire questo sport e di capirlo quasi perfettamente. Spero tanto che i sogni si avverino e che possa iniziare al Basket qualche altro atleta e che si possa divertire come mi sono divertito io nel giocare una partita, nello stare seduto in panchina o solamente ad assistere ad un incontro. Sono un grande malato, basket-dipendente e sono contento di esserlo viaggiando sempre con ” LA SCIMMIA DELLA PALLACANESTRO SULLE SPALLE” come ha scritto Pietro Colnago in quel bell’articolo sui Giganti del Basket che ancora tengo come cimelio. “I love this game!” Spero che vi abbia fatto piacere sapere la mia storia, così capirete perché quando assisto ad una partita di basket sembro “malato”.

CAPITOLO VIII- IL PREESAME PER PARTECIPARE AL CORSO ALLENATORI DI BORMIO
In tutto il mio racconto ho tralasciato un episodio importante che mi ha segnato negativamente e che mi affretto a citare. Io sono sempre stato un allievo allenatore, cioè ho superato solamente un esame per poter insegnare il basket. La mia qualifica è poi divenuta col passar del tempo di: “allenatore di base” in quanto non ho mai avuto la possibilità di seguire un corso di allenatori e di allenatori nazionali a Bormio a causa delle mie innumerevoli trasferte e indisponibilità a effettuare prenotazioni di corsi e successivi esami. Soltanto una volta, più di vent’anni orsono, nel lontano 1989 ero riuscito ad avere un periodo di tregua dal mio responsabile per poter andare a fare il corso allenatori. M’informai con Fausto Cipriani con il quale sono sempre rimasto in contatto e feci la domanda per partecipare al corso allenatori a Bormio ma non ho fatto in tempo a fare il preesame a Roma perché ero in trasferta in India. Quando tornai dal cantiere mi iscrissi al Clinic di Montecatini dove fui chiamato a dare il preesame per l’ammissione al corso. In un caldo pomeriggio estivo mi presentai al Palazzo dello Sport di Montecatini in tuta e col mio tesserino di cartone, di fronte a me c’erano i signori Claudio Bardini e il sig. Carlo Rinaldi, due personaggi pieni di boria che mi accolsero così: “Come mai che lei vuole fare l’allenatore di basket a questa età? Lo sa che qui noi siamo propensi di avere solamente dei giovani perché quelli come lei hanno perso già il treno.” Risposi: “Perché mi piacerebbe trasmettere ai ragazzi quello che ho imparato dai miei grandi maestri e poi penso di poter dare qualcosa a questo sport che ho praticato fin da quando avevo 5 anni! Ho avuto dei grandi maestri, il prof. Sante Santi il prof. Mario Barilari, sono stato molto vicino per 3 anni al prof. Santino Coppa a Priolo e penso di aver imparato qualche cosa.” Rinaldi non mi fece nemmeno finire la frase e mi disse: “Va bene Degli Espositi” e già mi fece incazzare perché aveva sbagliato il mio cognome come il 99% delle persone che mi chiamavano leggendo un documento: “Lei verrà giudicato per quello che dice e per quello che fa, per come lo dice e per come lo fa! La squadra dei 12 ragazzi è a sua completa disposizione per 15 minuti. Ora prima d’iniziare, mi spieghi il piano d’allenamento che vorrebbe provare, che tipo di esercizi intende eseguire ed il motivo dell’esercizio.” Io, emozionatissimo perché mi trovavo di fronte a tante persone presenti al Palasport, dopo esser stato offeso dai due esaminatori, buttai lì quattro parole che non ricordo più, perché ero già nel pallone e poi mi avvicinai ai 12 ragazzi che erano la squadra Juniores del Montecatini che giocava in Serie A1 tutti alti circa 2 metri, diedi qualche spiegazione e poi dissi loro: “Cercate d’impegnarvi, perché altrimenti non mi promuovono per andare al corso allenatori!” Il gruppo cominciò a seguire i miei suggerimenti per un contropiede che mi aveva fatto imparare Mario De Sisti quando era ancora allenatore del Banco Roma alla palestra di Testaccio. Non avevo nemmeno finito di spiegare l’esercizio che il secondo esaminatore un certo Claudio Bardini mi convocò vicino al tavolo del segnapunti dove loro si erano piazzati per dirmi: “Caro Degli Esposti, il basket non fa per lei! Mi dispiace di doverla deludere, ma si dovrà limitare a guardare le partite dalla tribuna perché non avrà la possibilità di fare l’allenatore”. Se mi avessero dato una coltellata non mi sarebbe uscita nemmeno una goccia di sangue. Sarei voluto sprofondare, e poi i giorni successivi raccontai la cosa a Marcello Luchetta che aveva assistito al preesame, il quale mi disse che lui mi aveva visto in mezzo al campo e che gli dispiaceva perché non mi sarei meritato di essere escluso, anche altre persone che avevo conosciuto al Clinic mi hanno consolato dicendomi che io avevo il mio lavoro ben remunerato che mi piaceva e che non avrei potuto avere nulla dalla vita in più che una bella famiglia e un lavoro che mi dava tante soddisfazioni e tanti soldi sicuri alla fine del mese. Dopo quella batosta psicologica quando sono ritornato a Priolo nel 1989 e 1990 ho fatto di tutto per poter allenare una squadra tutta mia, per poter dimostrare, per primo a me stesso, e poi agli altri che sarei stato all’altezza della situazione di gestire una squadra di ragazzi a cui trasmettere il morbo del basket, cioè l’amore per questo sport. Quindi finalmente ho allenato una squadra tutta mia (leggi la storia in altra parte del racconto, è importante). Mentre io vincevo un campionato di Promozione della Sicilia Orientale con ben 25 vittorie consecutive, dove giocavano anche squadre come la “Fonte Aretusa” di Siracusa, La “Scuola Famiglia” di Ragusa, il Noto, il Lentini, e altri paesi agguerriti con la squadra di promozione pronti a salire in serie D, i signori che mi avevano esaminato furono entrambi esonerati dalle loro squadre per una serie di sconfitte mai registrate. Mi son tolto una bella soddisfazione anche senza avere il patentino di allenatore nazionale. Ora sto continuando a seguire i corsi che la Federazione propone come aggiornamento ed a tenere contatti con il mondo del basket senza avere incarichi assegnati.

Ho già raggiunto i 66 anni e mi sembra che possa ritenermi soddisfatto delle cose che ho fatto finora.

Ma continuo sempre ad amare questo sport.

Di seguito, un’intervista di qualche tempo fa, in cui parlo della mia passione.

Giovanni Degli Esposti (alias Bicicletta per gli amici del basket romano).